Navigli 2° puntata di Piazza Castello


Lunedì mattina, eccoci qua in attesa del mio solito cavallo. Chissà se la vedrò? Sono un po’ agitata. Calo il cappello di scorta il più possibile sul volto, quasi a voler scomparire.

Non c’è. Bene, è ciò che mi merito. Fanculo.

Attraversando la portineria, Carla mi ferma e mi consegna una scatola bianca con fiocco e nastro di raso nero: “l’ha lasciata poco fa una signora. Mi ha detto di consegnarla a Gaia dello studio notarile”.

Sorpresa rispondo: “grazie, ma non ha detto altro?”.

“No Gaia. Avvisa i colleghi che oggi chiudo un’ora prima e quindi dovete mantenere chiuso il portone dopo le diciotto.”

Accenno un sorriso e la ringrazio.

Salgo le scale lentamente guardando la scatola. È poco più grande delle mie mani, un po’ ruvida e leggera, il nastro morbidissimo mi colpisce.

Entro in studio, poso la borsa e appoggio la scatola sulla mia scrivania. Ancora con addosso il cappotto, decido che la aprirò a casa e così la ripongo nel cassetto.

Scappo dall’ufficio alle diciotto e un minuto, neanche ci fosse un’urgenza. Ho premura di rientrare a casa e appena apro la porta, tolgo le scarpe e vado in soggiorno. Appoggio la scatola sul tavolino, mi siedo sul divano e respiro. Ok Gaia, qualsiasi cosa sia contenuta o ci sia scritta, aspetta prima di pensare male.

Tiro il nastro e sollevo il coperchio, c’è il mio cappello creduto perso e un biglietto con scritto: “non mi hai dato il tempo… di riconsegnartelo. Lo faccio ora. Anita”.

E adesso? Adesso cosa faccio? La chiamo? No, troppo imbarazzo. Le scrivo? Si, le scrivo un messaggio, da perfetta codarda. Stupida Gaia!

Chiamo Silvia: “ciao, mi ha fatto trovare in studio il mio cappello che credevo d’aver perso ieri pomeriggio e un biglietto col quale dice che non le ho dato il tempo”.

Dall’altro capo del telefono si sente: “bambola io non so cosa fare con te! Ma spero tu sappia cosa fare con lei. Se non ti scuserai, io toglierò il tuo vino bianco preferito dal mio frigorifero e ti servirò acqua da qui alla fine dei nostri giorni”.

Questa donna mi fa troppo ridere: “Silvia sei stupida, ma la minaccia è grave e mi hai convinta, qualcosa farò”.

Chiudo la conversazione e mi preparo la cena. Fisso il cellulare, ipotizzo di chiamarla ma non mi sento abbastanza sicura, allora digito mentalmente messaggi di ipotetiche scuse, agganci o inviti. “Ecco la invito per un caffè una delle prossime mattine” esclamo a voce alta, con lo stesso entusiasmo di chi ha fatto sei al Superenalotto dopo infiniti uno!

“Ciao Anita, grazie per il cappello. Io e lui vorremmo incontrarti davanti ad un caffè domani mattina. Ti andrebbe?”

Doppia spunta grigia, “dai leggi”. Io e la pazienza siamo antiche nemiche. Ecco, doppia spunta blu, lo ha letto. Sta scrivendo.

“Ciao Gaia, purtroppo sono a Firenze questa settimana, rientro sabato mattina. Come si fa?”

Penso e ripenso, mi ricordo le parole di Silvia e con azzardo scrivo: “vediamoci per cena sabato sera, ti va?”.

Doppia spunta grigia, poi blu: “accetto volentieri, quando deciderai luogo e orario, fammi sapere, ok?”.

La sua risposta mi strappa un sorriso: “ok, ci aggiorniamo. Buona serata”.

Lei: “buona serata a te”.

Silvia forse ha ragione. Se questo è il presente, allora proviamo a viverlo.

Passano in fretta i giorni e aver contattato Anita, ha curato lo strappo della domenica precedente, un po’ come se avessi fatto pace con lei. Certo, dovevo ancora incontrarla e scusarmi. Era necessario non passare per pazza e farle capire che amo la sincerità prima di tutto.

Venerdì sera, le scrivo: “ciao, come stai? Ci troviamo all’Osteria di Porta Cicca, domani sera alle 21. Se sei stanca, possiamo rimandare, non farti problemi”.

Risponde dopo un po’: “ciao, ho anticipato il rientro a questa sera e per domani sarò in formissima. Tu e il tuo cappello state bene?”

Che carina! Improvvisamente mi sento sedicenne e rispondo: “si, stiamo entrambi al caldo e tu?”

“Anch’io sono al caldo nel mio cappotto mentre aspetto il taxi.”

“Intendevo se stai bene, ma mi fa piacere che tu sia al caldo. Ci vediamo domani, buon rientro.”

Passano cinque secondi e Anita risponde: “buona serata, un bacio al cappello”.

Mi accoccolo a guardare la tv e sono contenta. Le elucubrazioni pessimistiche ed ansiose sembrano aver lasciato il posto alla gioia di incontrarla nuovamente.

Sabato sera, io e l’agitazione saliamo in taxi.

Scendo e vedo Anita arrivare verso il ristorante. Da direzioni opposte, in un attimo ci troviamo una davanti all’altra con un sorriso bellissimo che precede un suo abbraccio caldo e protettivo, mi sussurra “finalmente” e questo saluto spazza via la mia agitazione.

“Ciao Anita” le rispondo e proseguo “ti devo chiedere scusa per la mia reazione di domenica, forse ho esagerato.”

Lei sorride e ribatte: “un tantino”.

Entriamo nel ristorante.

La cena si consuma in fretta tra il mio chiederle nuovamente scusa e spiegarle il perché di quella reazione. Cerco di non soffermarmi troppo su quanto mi feriscano i tradimenti, altrimenti si aprirebbe il capitolo ex fidanzate. Però le faccio capire che non è mia intenzione rovinare una coppia.

Anita mi rassicura che la sua coppia è finita da un pezzo e che oramai si tratta soltanto di riprendersi ognuna le proprie cose e stop.

Non vedrà più Annie, se non esclusivamente per lavoro.

Quest’ultima cosa mi urta un po’, ma voglio godermi questa nostra serata, così smetto di pensare ad Annie.

Uscendo facciamo due passi lungo i Navigli illuminati, la musica che esce dai locali ci fa compagnia.

Siamo abbracciate, strette, io la lascio giusto il tempo di indossare il mio cappello e prendermi un bacio. Bacia divinamente.

“Posso fumare?” chiede.

“Certo che puoi” rispondo.

Non comprendo l’ascendente che ha su di me, trovo sexy anche come fuma. Devo pensare che questo sia il mio primo colpo di fulmine.

Resto affascinata da lei, che, appoggiata alla ringhiera, fuma come se stesse bevendo nettare divino.

La guardo e pronuncio: “invidio molto la tua sigaretta”.

Anita interrompe a metà un tiro e cingendomi la vita con un braccio mi avvicina a sé con decisione. È il terzo bacio, il meno tenero ma il più passionale. È come se mi stesse mangiando il cuore tanto la sento premere sulle mie labbra. Mi eccita e prendo il suo volto tra le mani, mentre lei mi stringe sempre di più. Fragola e tabacco, ho il suo sapore sulla lingua e allentando il bacio, le mordo le labbra.

Restiamo ad un centimetro e i nostri respiri sono agitati, non mentono sul grado della nostra eccitazione.

Non una parola, non c’è bisogno di aggiungere nulla: è tutto limpido in questo momento.

Desidero dirle di venire da me, ma mi sembra troppo. Anita interrompe la mia indecisione: “ti riaccompagno a casa, posso?”

Salite in taxi, il silenzio parla per noi. Arrivate sotto casa, paga il taxi e mi accompagna fin dentro il portone, sorride ma non dice nulla.

Nella mia testa inizia la danza dell’insicurezza e non sentendo pronunciare nulla dalla mia bocca, Anita spezza il silenzio e chiede: “domani sarai in città?”

Io con occhi stile Bambi rispondo di si. Intuisco che sta per andare e ne ho la certezza quando allontanandosi da me dice: “allora magari ti chiamo e ci vediamo col tuo cappello da qualche parte”. Esce dal portone.

Come una perfetta imbecille resto appoggiata al muro, eccitata e piacevolmente confusa.

Serve una doccia calda ora o forse serve solo andare a letto. Direi che più che altro serve un vibratore!

 

Fine 2° puntata di Piazza Castello