La camera numero nove Non mi è mai sembrato di tradire


La musica in filodiffusione mi illude che sia un pianoforte a suonare in lontananza. Un fruscio a tratti interrompe la musica, come un’aritmia può interrompere per un attimo il respiro.

La luce di un timido sole primaverile si affaccia sulla città e le dona una tinta simile all’oro o all’urina, dipende da come ti sei svegliata: io non bene.

Seduta nella hall di questo piccolo hotel, affondo i tacchi nella moquette consumata. In attesa del mio taxi, fisso la porta girevole dell’ingresso, non vedo l’ora di andare via da questa Parigi che per tanto tempo è stata la città del nostro amore.

Il profumo dei croissant è sempre più persistente, sembra avermi seguito dalla sala colazioni, fino a qui, dove si mischia con l’odore dei detergenti appena utilizzati per pulire l’ingresso, questo mix nelle mie narici è davvero nauseante.

Guardo l’orologio impaziente, quanta fretta ho di andarmene? Molta.

Ho sbagliato ad alloggiare in questo hotel, a scegliere nuovamente la nostra camera, perché non ho fatto altro che ritrovarti ovunque.

Ti ho rivista persino attraversare sorridente questa porta che ora cattura la mia attenzione per la facilità con cui, sfiorandola, gira in perpetua alternanza tra apertura e chiusura. Un po’ come la nostra storia fino a due settimane fa.

Ti ricordi quando cercavamo di organizzare le nostre trasferte di lavoro in modo tale da poterci ritrovare qui?

Non mi è mai sembrato di tradire mio marito con te, invece mi sembrava di tradire te, quando ritornavo da lui.

La mente viaggia indietro nel tempo, si posa sui sogni che c’erano, sulle fantasie d’amanti, sui sospiri dimenticati tra le lenzuola. Ritorno al tuo volto, all’amore che qui, tra queste mura, sembrava invincibile ed eterno.

Cosa provo veramente? La prima sensazione ripensandoti?

Ti amo.

Chiudo gli occhi, ascolto i battiti del cuore che come spilli mi infliggono dolore pulsazione dopo pulsazione.

Sono una grandissima codarda.

Sono sparita senza più richiamarti. Non ho risposto ai tuoi messaggi, neppure quando scrivevi di stare malissimo.

Ho organizzato questo viaggio di lavoro senza dirti nulla, perché mi sto illudendo che tutto ciò sia la mia più grande dimostrazione d’amore.

Menzogne!

Avevi ragione tu, quando mi dicevi “non lo lascerai mai”, ti ricordi come mi incazzavo?

Mi scatenava rabbia quella tua affermazione, credo perché in cuor mio sapevo che avevi stramaledettamente ragione e già sapevo di non essere in grado di affrontare il mondo mano nella mano con una donna.

Non è facile sai? Scoprirsi attratta e innamorata di una donna alla mia età: dover rivoluzionare la vita, affrontare la separazione da mio marito.

Non mi è possibile affrontare questo cambiamento. Io che non ho avuto il coraggio di raccontare questa storia neppure alla mia migliore amica. Dove vuoi che vada con così poco coraggio?

Eppure ti amo. Non ho mai amato nessuno così intensamente.

Perderti è perdere me. Perdere questa storia è rinunciare a vivere veramente la vita e scegliere di continuare a recitare un copione che non sento più mio.

Vorrei chiederti di aiutarmi, ma non meriti altro dolore. Sì, sarebbe doloroso per entrambe ritrovarsi nuovamente, sapendo che ancora una volta non sarei tua.

Ho riconsegnato la chiave della stanza numero nove e con essa ho lasciato il mio cuore.

Tra le lenzuola ho abbandonato il mio miglior sorriso, ho baciato il tuo cuscino e pianto per questo nostro grande amore impossibile.

La vita di sempre è venuta a prendermi per portarmi via da una vita possibile: salgo in taxi.

Fa davvero molto male. Addio amore mio.