Il cavallo di ferro – 2 parte 1° puntata di Piazza Castello


Oddio come sono stropicciata stamane, ho la faccia plissettata e due borsoni Louis Vuitton sotto gli occhi. “Gaia ripigliati” mi dico ad alta voce, ma quella riflessa allo specchio sembra scuotere la testa e dire “benvenuta nei quarant’anni”.

Ore dieci, le ragazze mi stanno aspettando al bar per la colazione.

Sistemo la plissettatura, raccolgo i capelli, infilo una caldissima tuta, il piumino e le raggiungo, ginnica come una settantenne con neo protesi dell’anca.

“Buongiorno belle donne! Lo so, sono in ritardo ma non è suonata la sveglia”, che invece è suonata, ma il mio dito indice addestrato a dovere, l’ha ritardata per ben cinque volte.

La colazione, che diventa quasi pranzo, mi ricorda che forse sarebbe il caso di rincasare e dedicarsi un po’ di tempo per arrivare all’appuntamento con un minimo di sicurezza, almeno nell’apparenza.

Mi congedo dalle amiche, che tra una battuta e l’altra mi abbracciano neanche dovessi partire per una missione di pace. Silvia mi bacia e sussurra: “ti voglio bene bambola, fammi sapere”. Mi strappa un sorriso.

Ansia? Mista ad emozione sicuramente. Era da un po’ che non mi capitava un appuntamento e la sensazione è piacevole.

Sono passati quasi due anni dalla fine della mia storia d’amore con Federica e oggi credo di essere pronta per nuove esperienze. È tornata in me la curiosità di conoscere qualcuno, non necessariamente per amore, diciamo che andrebbe bene anche per del semplice sesso.

Ore sedici, l’agitazione cresce. È meglio uscire e camminare nell’aria frizzante, così da distogliere il pensiero dall’agitazione.

Un enorme cappello di lana nasconde la mia lunga chioma color miele. Sono purtroppo una freddolosa e non posso rinunciare a guanti e cappello da dicembre a febbraio.

Cammino e mi accorgo di essere troppo lenta, meglio salire in metro. In pochi minuti sono vicino alla Triennale e in anticipo, ma intravedo Anita già davanti all’ingresso. Qualche passo verso di lei che accorgendosi di me, mi viene incontro con un sorriso splendido.

“Ciao Gaia” dice baciandomi sulla guancia. Sento il suo profumo abbracciarmi, avrei solo voglia di girare il viso in cerca delle sue labbra e baciarla.

“Ciao Anita” pronunciato con un filo di voce mentre si allontana dal mio volto.

“Come è andata a Londra?” le domando.

“Stancante, le visite a mio padre non sono mai una passeggiata. Ti va se attraversiamo il parco? Giusto per andare a bere qualcosa di caldo dall’altra parte, conosco una pasticceria molto carina.”

“Va bene” e mentre ci incamminiamo, sento le nostre mani sfiorarsi. D’istinto le mie dita cercano le sue e le stringono per poi lasciarle. Anita mi guarda, prende la mia mano e la appoggia all’interno del suo gomito. Sottobraccio a lei, ci avviamo verso Parco Sempione.

“Il trasloco della tua amica è andato bene? Fatto tutto?” mi chiede.

Guardandola rispondo: “abbiamo fatto tutto ed è stato divertente. Sono passati in fretta questi giorni e devo ammettere che questo appuntamento è la ciliegina su un week-end sereno”.

Anita sorride e stringe la mia mano contro il suo cappotto.

“Qui è dove vengo a passeggiare quando tra una riunione e l’altra ho bisogno di respirare e staccare la spina dai problemi” e dopo un sospiro prosegue “Gaia, tu hai catturato la mia curiosità qualche giorno fa. Non potevo non conoscerti, mi sarei data della stupida. Col mio atteggiamento spero di non imbarazzarti o crearti disagio. Insomma, sto osando troppo?”

“Anita, il tuo osare è ciò che più ho sperato dal momento in cui mi hai restituito il libro e le nostre mani si sono sfiorate.”

Sorride a queste mie parole e ribatte: “i nostri sguardi mi hanno dato il coraggio per questo appuntamento”.

Arrossisce mentre la guardo.

Lo scricchiolio del ghiaietto sotto i nostri passi si sta facendo più lento e ovattato, fino a tacere. Anita lascia andare la mia mano e girandosi prende il mio viso tra le sue mani e mi bacia. Da prima delicatamente, poi in un crescendo di desiderio alimentato dalla mia voglia di sciogliermi su quelle labbra calde.

Rimango per un secondo con gli occhi chiusi, quando la sua bocca si allontana e l’aria fredda tra noi, come uno schioccar di dita, ci riporta al centro di quel parco, sotto la luce di un lampione, in un’immagine perfetta.

È un momento magico, da portarsi a casa e coccolarsi fino al prossimo appuntamento.

“La tua bocca sa di fragola e tabacco” le dico guardandola.

“Purtroppo fumo, scusa” dice Anita come a giustificarsi.

Le rispondo sorridendo: “sono una ex fumatrice e il tuo sapore mi piace davvero molto”.

Ci rimettiamo in cammino tra qualche runner fulminato che corre nel buio freddo, indossando il berretto di Babbo Natale.

“Entriamo qui Gaia.”

Scegliamo il tavolo e ordiniamo due cioccolate.

Dio mio non posso credere di essere qui con lei.

“La tua famiglia vive a Londra?”

Si irrigidisce e risponde perdendo il sorriso che aveva fino ad un attimo prima: “mio padre vive a Londra con la sua compagna, mentre mia mamma non c’è più, è mancata quattro anni fa”.

“Mi dispiace” e quasi interrompendomi, prosegue “anche la mia compagna vive a Londra.”

Su questa frase il mio respiro si ferma, un nodo mi prende alla gola. Si frantuma la bellezza del tempo trascorso insieme fino a quel momento.

Mi viene da piangere, immobile conto fino a dieci, forse cinque e stringendo la tazza ancora calda tra le mani, le dico seccamente “stronza!”

Non permettendole di parlare, incalzo: “perché mi hai baciata? Che senso ha? Perché non me lo hai detto subito? Sei una stronza e sarà felice la tua fidanzata”.

Prendo giacca, borsa e guanti e me ne vado dal locale.

Sento le lacrime calde raggelarsi sul volto, così come la mia anima nel petto ghiacciarsi. Improvvisamente non c’è più il ricordo di quel primo bacio, è andato tutto a puttane ed io mi sento così stupida.

Il mio passo veloce sembra più lento di quello di Anita, che mi raggiunge e mi costringe a fermarmi.

“Aspetta Gaia, fammi spiegare.”

“Non c’è nulla da spiegare, sei solo una stronza ed io una stupida.”

Ma Anita insiste: “aspetta, te lo avrei detto ma il bacio ha scombussolato l’ordine delle cose. Ti prego, ascoltami Gaia”.

Mi calmo e senza divincolarmi, rimango ferma ad ascoltarla.

“La storia con Annie è praticamente finita, altrimenti non avrei mai cercato di conoscerti. Credimi. In questi giorni ero a Londra anche per riprendermi delle cose mie da casa sua. Se vuoi andiamo da me e ti mostro ancora le valige da disfare contenenti roba portata via ieri. Ti prego. Non sono una stronza.”

Sono confusa e quella situazione non mi piace. Ho bisogno di tornare a casa e così, senza dire una parola, me ne vado.

Messaggio a Silvia: “sei a casa? È urgente, ho bisogno di parlarti”.

Silvia: “sono in centro ma arrivo. Ci vediamo da me tra 20 minuti”.

L’ultima volta che ho scritto a Silvia che avevo bisogno urgente di parlarle, fu a causa della rottura con Federica.

Mi sento soffocare mentre aspetto la metro. Il treno arriva quasi subito e il suo spostamento d’aria mi scompiglia i capelli. Solo in questo momento realizzo di aver perso il mio cappello.

Riesco solo a dire “ciao Silvia” prima di scoppiare a piangere.

“Bambola che cosa è successo?” mi chiede, ma non rispondo.

Silvia mi abbraccia e bacia la mia testa così tante volte da diventare quasi fastidiosa, asciugando le lacrime esclamo: “é fidanzata! Cazzo!”

“Bambola non è mica una tragedia, meglio saperlo oggi che all’altare” la risposta di Silvia a sbeffeggiarmi.

“Silvia gli omosessuali non vanno all’altare, al massimo in municipio. Ma il punto è che mi ha baciata prima di dirmelo, anzi tra il bacio e quando le ho tirato fuori il rospo, è trascorsa più di un’ora. E’ stronza!”

Ma Silvia mi guarda dritta negli occhi per poi cercare di riportarmi sul pianeta delle ipotesi: “Gaia, per me la tua reazione è stata ed è esagerata. Tu hai le tue fragilità, ma magari lei ha fatto del suo meglio e comunque te lo ha detto. Siamo alle solite, tu non dai il tempo alle persone, sei sempre avanti, così avanti da decidere il tuo futuro prima ancora di vivere il presente”.

Le sue parole mi toccano o meglio mi scuotono e arrivano dritte al mio carattere di merda, al mio modo di reagire quando il film che ho in mente, non si svolge secondo il mio copione.

“Ha detto che la storia con la sua compagna è praticamente finita.”

“Bene Gaia. Allora vogliamo dare una possibilità a questa donna?”

“Silvia, io posso anche darle una possibilità, ma la paura di farmi male è tanta. Sento che Anita non è una scopata e via. Istintivamente mi piace molto anche se non la conosco, mi attrae. Ha risvegliato in poco tempo emozioni che erano rinchiuse in cantina da anni, ma io non voglio casini. Non voglio essere causa di tradimento, né tantomeno venir tradita ancora.”

“Allora bambola, cerca di pensarci bene, ma soprattutto cerca di vivere. La vita non è fatta di calcoli, ma di gioie e dolori ed entrambi servono. La vita è fatta di azzardi e di tuffi, di rischi e cambiamenti. E tu da troppo tempo hai paura di rischiare.”

“Tu dici?” le chiedo con espressione sconsolata.

“Si Gaia, la paura di farti ferire, ti fa vivere a metà.”

Torno verso casa, ho bisogno di un bagno caldo per riflettere e farmi passare questo mal di testa. Riempio la vasca, immergo me e una ballistica Lush che sciogliendosi frizza migliaia di brillantini.

Penso e ripenso alla reazione avuta con Anita e avverto che probabilmente ho perso un’occasione. Cerco di trovare una giustificazione al mio comportamento e l’unica è che non mi piace essere presa in giro. Amo la sincerità ed ho pagato un prezzo troppo caro nella mia storia precedente, talmente alto che le bugie le voglio fuori dalla mia vita.

 

Fine 1° puntata di Piazza Castello – 2 Parte